La Medicina di Genere rappresenta un nuovo approccio medico alla cura delle Persone, il cui obiettivo è comprendere i meccanismi attraverso i quali le differenze legate al genere agiscono sullo stato di salute e sull’insorgenza ed il decorso di molte malattie nonché sugli outcomes (risultati raggiunti) delle terapie (Ministero Salute). In tal modo conoscendo le differenti espressioni epidemiologiche, di sintomi, di prognosi e di risposta ai farmaci a seconda del sesso e/o del gender, è possibile ottenere quell’appropriatezza diagnostica e terapeutica e quella personalizzazione dei trattamenti che permettono di definire le migliori strategie preventive, diagnostiche, di cura e di riabilitazione per ogni singolo Paziente. Le differenze di Genere non riguardano, in tal modo, le malattie proprie di un solo gender, bensì tutte le malattie valutate nei loro aspetti clinici a seconda del singolo sesso.

Quello basato sulle differenze di gender è un approccio considerato solo dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso, risultando, con non poche difficoltà, utilizzato anche nel nostro Paese. A tal proposito un interessante contributo culturale è fornito da una apposita Rivista (The Italian Journal of Gender-Specific Medicine), pubblicata da Il Pensiero Scientifico Editore in collaborazione con Novartis sponsor dell’iniziativa.

Tra le patologie più frequenti dell’Anziano troviamo le fratture femorali, che rappresentano un problema sempre più crescente, data la percentuale sempre più presente di popolazione anziana, causando una mortalità ad un mese dalla frattura del 5% e del 20% ad 1 anno. Sempre nel post-intervento l’80% dei Pazienti non recupera la totale autonomia nelle ADL, il 40% non è più in grado di camminare da solo ed il 30% diventa totalmente disabile. Anche per le fratture femorali esistono significative differenze di genere: “A review of gender differences in hip fracture anatomy, morbidity, mortality and function” è infatti il titolo del paper che affronta tale argomento, partendo dalle differenze anatomiche e biomeccaniche fino a quelle relative agli outcome funzionali, senza dimenticare differenze nella morbilità e nella mortalità. Gli Autori appartengono alla Sezione Ortopedica del Dipartimento di Scienze Mediche, Neuroscienze ed Organi di Senso dell’Università di Bari.

In particolare da questo contributo segnaliamo come:

Le Differenze Anatomiche indicano nelle donne un collo femorale più breve, un albero femorale più sottile, un angolo cervicodiafisario minore ed una maggiore antiversione del collo femorale. Tali differenze si traducono in termini biomeccanici in una minore distribuzione delle forze a livello dell’anca, permettendo alle sollecitazioni meccaniche di provocare la frattura dell’osso nelle zone di minore resistenza. Negli uomini si segnala, inoltre, una maggiore apposizione di osso periostale, che rappresenta un fattore protettivo dalle fratture. Importante risulta, inoltre, la differente densità ossea, che crolla significativamente nelle donne nel periodo post-menopausale, a causa della riduzione della massa ossea e dell’architettura ossea legata all’osteoporosi, presente nelle donne over-50 almeno 3-4 volte in più rispetto agli uomini. Tale riduzione trabecolare presenta inoltre differenti modifiche gender in termini di numero, spessore e distanze delle trabecole stesse, ben più sfavorevoli per il sesso femminile.

Relativamente alla morbilità è dimostrato come gli uomini con frattura femorale siano più giovani di almeno 4 anni rispetto alle donne, risultando, però, più malati e più comorbidi, specie in termini di neoplasie, bpco, patologie vascolari, diabete, malattie degenerative cerebrali ecc.

Tale più elevata comorbilità giustifica, almeno in parte, la maggiore mortalità post-operatoria ad 1 anno degli uomini, almeno doppia rispetto alle donne, risultando principalmente correlata ad infezioni polmonari, insufficienza cardio-respiratoria e neoplasie. Tale maggiore mortalità permane più elevata negli uomini indipendentemente dalla distanza in anni dall’intervento.

Inconsistenti, ma soprattutto meno documentate, risultano, invece, le differenze di genere relative al recupero funzionale (sia in termini di Punteggio alla Scala FIM che in termini di durata e/o complicazioni del trattamento riabilitativo), recupero che risulta significativamente essere più influenzato dai differenti livelli funzionali e cognitivi alla presa in carico dei Pazienti. Allorquando sono state notate delle differenze di genere, con risultati più favorevoli per gli uomini in termini di maggiore e più rapida autonomia nella deambulazione, i Pazienti arruolati risultavano cognitivamente integri. Minori o nulle le differenze nei casi di presenza di compromissione cognitiva. Sicuramente la maggiore prevalenza della depressione post-frattura nelle donne può favorire un minore e più lento recupero, risultando però anche vera l’osservazione di come la maggiore mortalità maschile possa rappresentare un buon elemento in grado di provocare una selezione naturale, tale da far sopravvivere i Pazienti meno fragili e maggiormente destinati ad un miglior recupero funzionale. La realtà, però, potrebbe riguardare un ulteriore elemento: la scarsità delle osservazioni su tale aspetto.

Tale paper rappresenterà una delle principali voci bibliografiche di una omonima Relazione per il Corso Formazione-Sanitaria sulle Cadute nell’Anziano, che stiamo organizzando per fine Febbraio 2017.

 

Key words:   Cadute   –   Rischio Clinico   –   Formazione Sanitaria  –  Medicina di Genere

Inserito il 22 Gennaio 2017   –   Testo by giuliani gian carlo   –   Foto by malattieosteoarticolari.it