In settimane come queste, in cui la Formazione frontale è sospesa per l’attuale emergenza sanitaria, proviamo a creare alcuni post di formazione, riconducibili a tematiche sanitarie ed assistenziali che speriamo proprio di poter affrontare in appositi Corsi ECM nei prossimi mesi. Si tratterà di “pillole di Formazione”, che potrebbero oltre che formarci in un momento così difficile, anche incuriosirci proprio su tali prossimi Corsi. Proviamo con delle “pillole” da leggere, mentre ci stiamo organizzando per delle “pillole da vedere” in appositi video.
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La Valutazione MultiDimensionale come “Indicatore di Outcome” in ambito geriatrico
“La qualità… sappiamo cos’è, eppure non lo sappiamo. Questo è contradditorio. Alcune cose sono meglio di altre, cioè hanno più Qualità. Ma quando provi a dire in che cosa consiste la Qualità astraendo dalle cose che la posseggono, paff, le parole ti sfuggono. Ma se nessuno sa cos’è ai fini pratici non esiste per niente. Invece esiste eccome. Su cos’altro sono basati i voti se no? Perché mai la gente pagherebbe una fortuna per certe cose, e ne getterebbe altre nella spazzatura? Ovviamente alcune sono meglio di altre… Ma in cosa consiste il meglio?”
[Pirsig R.M., Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta]
Negli ultimi anni le organizzazioni e gli operatori sanitari hanno cominciato a conoscere ed affrontare termini e tematiche tipo “Governo Clinico”, “Qualità”, “Accreditamento”, “Evidenze Scientifiche” (la famosa “Medicina Basata sulle Evidenze”), “Linee Guida”, “Protocolli”, “Indicatori”, “Percorsi Diagnostico-Terapeuti” ed altro. Tutto questo al fine di rendere sempre più scientifico, o come si oggi soliti dire, “appropriato” il proprio intervento sanitario.
Un servizio-prestazione-intervento sanitario può essere definito (GIMBE) “appropriato” secondo due prospettive complementari:
- Professionale: se è di efficacia provata, viene prescritto per le indicazioni cliniche riconosciute ed ha effetti sfavorevoli “accettabili” rispetto ai benefici.
- Organizzativa: se l’intervento viene erogato in condizioni tali (setting assistenziale, professionisti coinvolti) da “consumare” un’appropriata quantità di risorse.
Da queste definizioni emergono subito alcune criticità:
- robuste prove di efficacia sono disponibili solo per una parte degli interventi sanitari erogati, con un netto sbilanciamento verso i trattamenti (vs le tecnologie diagnostiche), e soprattutto per l’imperare di prove a supporto di farmaci, rispetto agli interventi preventivi ed assistenziali;
- il profilo beneficio-rischio degli interventi sanitari viene generalmente sovrastimato:
- dalle evidenze disponibili (evidence-based medicine) per la sistematica tendenza, sia a non pubblicare gli studi negativi, sia a minimizzare gli effetti sfavorevoli degli interventi sanitari riportandoli in maniera insufficiente ed incompleta;
- dalla percezione professionale, non raramente distorta da conflitti d’interesse;
- dai criteri, spesso a maglie troppo larghe, per autorizzare il marketing di tutte le tecnologie sanitarie (inclusi i farmaci inclusi).
- dalle spinte di mercato che, attraverso i media, influenzano la domanda di servizi e prestazioni sanitarie da parte degli utenti.
- l’efficacia, la costo-efficacia e l’efficienza delle modalità organizzative dell’assistenza, hanno a supporto prove di efficacia limitate e difficilmente trasferibili tra i vari contesti.
Tutto ciò fa si che l’appropriatezza degli innumerevoli interventi, servizi e prestazioni sanitarie che congestionano il mercato della salute, si articoli attraverso una scala di grigi nella quale non è possibile tracciare nette delimitazioni, potendo essere oggetto di valutazioni di appropriatezza tutte le risorse strutturali, professionali e tecnologiche impiegate nell’assistenza sanitaria.
Quanto fin qui segnalato ci fa intuire come nei processi sanitari nulla può più essere lasciato al caso o realizzato secondo opinioni personali non suffragate da evidenze scientifiche o senza un adeguato aggiornamento di tipo professionale. Non solo, ma quanto “prodotto in ambito sanitario” deve essere “misurato”, per poter essere valutato, in maniera statica ed in maniera dinamica, potendosi in tal modo individuare un miglioramento, o meno, delle prestazioni effettuate e potendosi definire degli Obiettivi che possano essere quantificabili, giudicabili e riproducibili nel tempo.
Perché misurare le Performance?
Quello dei sistemi di misura delle performance, in particolare cliniche, di una azienda sanitaria è problema dibattuto a tutti i livelli e rispetto a cui i pareri sono molto diversi a partire dall’uso che si può fare di questi dati, anche se esiste un minimo comune denominatore su cui tutti concordano e cioè la necessità di misurarle, partendo dalla considerazione che “ciò che non si misura non si può gestire”. La risposta alla domanda che ci siamo posti è insita proprio nel “ciò che non si misura non si può gestire” e la sanità con tutte le sue complessità e specificità ha bisogno di essere gestita non solo per ridarle efficienza ma anche per migliorare la efficacia. Risulta razionale però che il confronto su questo aspetto debba in parte cambiare strada perché le ragioni per misurare non sono solo quelle di fare delle graduatorie, pensando con questo di favorire il cittadino nella scelta più idonea per i suoi problemi, anzi.
Per misurare la Qualità dei Servizi erogati, sono stati individuati i cosiddetti “indicatori”, termine per il quale sono state coniate varie definizioni, globalmente riassumibili nell’identificazione di un Indicatore come “una variabile che ci consente di descrivere fenomeni quali-quantitativi complessi e di prendere decisioni (la scelta dell’ospedale? del medico? di una terapia? di una strategia aziendale?) per promuovere il cambiamento e il miglioramento (ad esempio della qualità delle cure attraverso modifiche dei comportamenti, revisioni di linee guida ecc.)”. È peraltro evidente che se non misuro non avrò possibilità di dimostrare i miei risultati e l’eventuale miglioramento.
Gli indicatori di misura delle performance cliniche devono quindi essere in grado di permettere la valutazione di una procedura, di un atto, di un approccio terapeutico e organizzativo e il miglioramento che determinate procedure sono in grado di determinare nel processo in esame permettendo, quindi, anche il confronto (interno ed esterno) sui risultati.
Esistono molte classificazioni degli indicatori ma tutte hanno alcune classi in comune quali indicatori di Processo (relativi a tempi e modi di gestire processi/ procedure), di Outcome (risultato dell’attività clinica), di soddisfazione dell’utente, di Struttura ecc. Gli indicatori devono essere caratterizzati da almeno tre elementi tipici di tutti i metodi di misura che in sintesi possiamo così riassumere:
Validità – è il grado con cui i risultati della misura rappresentano lo stato reale del fenomeno osservato.
Affidabilità / Riproducibilità – indica la similarità dei risultati ottenuti in misure ripetute e definisce la precisione del nostro strumento di misura; maggiore è la riproducibilità di un dato, maggiore sarà la affidabilità del nostro strumento.
Sensibilità – è la misura della capacità dello strumento di riflettere le modificazioni della variabile che si sta studiando ovvero la capacità da parte dello strumento di cogliere le variazioni (seppur minime) dell’evento.
Si riconoscono ormai numerosi Indicatori generalmente utilizzabili dalla maggior parte delle strutture sanitarie, ma ogni realtà operativa dovrebbe identificare o definire dei propri indicatori, specifici, o meglio “appropriati” rispetto ai propri Clienti ed i servizi erogati
L’ingresso nel mondo sanitario geriatrico di tale nuova “mentalità operativa” ha, ovviamente, scatenato, almeno inizialmente, non poche critiche e resistenze, giustificate su errate convinzioni circa una non applicabilità della stessa, ritenendo assenti o non applicabili al Paziente Anziano Linee Guida Mediche o riconoscendo alla comorbilità (elemento distintivo e peculiare della popolazione geriatria) un ostacolo insormontabile per ogni tipo di standardizzazione o valutazione.
In realtà l’ambito geriatrico è risultato, tra quelli medici in generale, uno tra i più idonei ad essere affrontati con un approccio di “tipo Qualità”. Questo grazie anche all’attività svolte dalle varie Società Scientifiche Geriatriche, che hanno definito negli ultimi anni delle proprie Linee Guida e dei propri criteri di appropriatezza operativa. Senza dimenticare come il principale strumento diagnostico-valutativo e programmatico utilizzato in ambito geriatrico, vale a dire la Valutazione MultiDimensionale, risulti particolarmente idoneo ad essere utilizzato come Indicatore di Qualità (in particolare di outcome).
Consideriamo, come esempio, il caso di un Paziente Anziano che sia ospedalizzato (ad esempio in una medicina post-acuzie) con gli esiti di una frattura del bacino, incontinente e con una discreta comorbilità riacutizzata ed una lesione da decubito in atto. Una prima VMD indicherà e quantificherà per questo Paziente un discreto quadro di non autosufficienza ed un conseguente elevato punteggio nella Scala ADL, oltre che un elevato punteggio per la comorbilità alla Scala CIRS ed uno basso (in realtà indicante un alto rischio) per la comparsa di lesioni. Nel caso di un miglioramento clinico generale, alle dimissioni risulterà inappropriato un giudizio clinico “di miglioramento”, basato sulla semplice opinione o impressione del Medico, dato l’elevato grado di soggettività e di discrezionalità di quest’ultimo. Nel caso in cui, invece, si riapplichi alle dimissioni la VMD si potrà, oggettivamente, evidenziare come la ripresa della deambulazione, la riduzione della lesione ed il miglioramento clinico di altre patologie in corso ed altro, si accompagnino inevitabilmente ed in maniera incontestabile ad un miglioramento dei punteggi ottenuti alla singole Scale di Valutazione. Ecco così che ognuna di queste si trasforma in un Indicatore di Outcome.
Ritengo, a questo punto, fondamentale sottolineare come tale approccio operativo non debba essere esclusivo del settore sanitario ma anche di quello assistenziale, risultando infatti meritevoli ed oggetto di frequenti rivalutazioni ed aggiornamenti la maggior parte delle manovre assistenziali (igiene, mobilizzazione, alimentazione ecc.), oltre che le attività di tipo “occupazione del tempo”, nonchè le stesse “terapie complementari”..
Negli ultimi anni, inoltre, sono in corso numerosi tentativi di valutazione di una eventuale scientificità delle stesse utilizzando i criteri della Medicina Basata sulle Evidenze. Il buon senso, ovviamente, ci porta a sottolineare che rispetto ad una totale inattività da parte degli Ospiti di una RSA, giustificabile per una eventuale non dimostrata scientificità delle terapie utilizzabili, risulterà ugualmente di sicuro utile e proficuo lo svolgimento di una qualche attività di tipo ludico, occupazionale e/o di animazione.
Anche chi si occupa di “terapie complementari”, di “animazione” e di “occupazione del tempo” dovrà misurare le proprie attività ed i risultati ottenuti nei confronti del singolo Ospite e dell’intera organizzazione intesa come somma di tutti gli Ospiti. Ecco così che Medici, Infermieri, Educatori, Animatori, Operatori della Riabilitazione ma anche Psicologi ed Operatori di Assistenza Diretta (Oss) dovranno anche loro prendere confidenza con la VMD, anche e soprattutto per valutare quanto il loro operato sia risultato proficuo, ad esempio, per migliorare il tono dell’umore, rallentare il deterioramento cognitivo o ridurre il rischio di cadute o migliorare il livello di autonomia.
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La valutazione multidimensionale dell’anziano
Già nel 1987 il National Institute of Health (Usa) definiva la valutazione multidimensionale come “…una valutazione nella quale i numerosi problemi della persona anziana vengono riconosciuti, descritti e spiegati, quando è possibile, e nella quale vengono inquadrate le risorse assistenziali e le potenzialità residue, definito il bisogno di servizi e messo a punto un piano coordinato di cura specifico ed orientato per problemi…”.
Ed ancora, ecco un’altra definizione: “Processo di tipo dinamico e interdisciplinare volto a identificare e descrivere, o predire, la natura e l’entità dei problemi di salute di natura fisica, psichica e funzionale di una persona non autosufficiente, e a caratterizzare le sue risorse e potenzialità. Questo approccio diagnostico globale, attraverso l’utilizzo di scale e strumenti validati, consente di individuare un piano di intervento sociosanitario coordinato e mirato al singolo individuo”. [Ferrucci L., Marchionni N. e il Gruppo di lavoro sulla Valutazione Multidimensionale, 2001, modificato].
Gli scopi e le caratteristiche della V.M.D. sono di arrivare ad una conoscenza dell’anziano sotto diversi punti di vista, nel determinare le sue necessità, nel consolidare un metodo di lavoro, nel misurare i risultati di un intervento, nell’offrire un linguaggio comune tra professionisti diversi, nell’individuare gruppi a rischio e nel tradurre i bisogni assistenziali in organizzazione.
Le dimensioni della V.M.D. sono la salute fisica, la funzionalità, lo stato cognitivo, la dimensione affettiva relazionale, la dimensione socio–economica. Per poter mettere queste dimensioni sotto puntuale osservazione, vengono utilizzati alcuni test, suddivisi in tali aree tipiche.
Uno degli aspetti veramente qualificanti risiede nelle cosiddette “fonti della conoscenza”, che sono poi i protagonisti e gli interpreti della V.M.D., elementi da cui trarre tutte le informazioni necessarie alla valutazione stessa, tra “pazienti ed operatori”. Infatti vi ritroviamo in condizioni partecipative l’anziano, la sua famiglia, l’assistente sociale, il medico, lo psicologo, l’infermiere, il terapista della riabilitazione, l’operatore d’assistenza, l’educatore solo citandone i principali.
Da tutto ciò si evince il ruolo svolto dalla VMD per la definizione dei Piani Assistenziali Individuali (i famosi PAI) in ambito assistenziale e dei Protocolli Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale in ambito sanitario geriatrico, nonché quello svolto nello sviluppo del Lavoro d’Equipe interdisciplinare e multiprofessionale.
Caratteristiche della Valutazione MultiDimensionale
Questa deve possedere le seguenti caratteristiche:
- Deve essere compilata a più mani, intendendo che alla sua compilazione debbono concorrere le varie Figure Professionali all’interno della RSA (Infermiere Professionale, Oss, Terapista della Riabilitazione, Medico ecc.)
- Deve permettere non solo la Valutazione delle Condizioni Cliniche ma anche e soprattutto delle capacità residue del Paziente relative al Grado di Autonomia, Deterioramento Cognitivo e Relazioni Sociali
- Le Valutazioni devono essere di semplice e rapida definizione, pur nel rispetto di una rigidità nella definizione dei Parametri e delle Classificazioni adottate
- Le Valutazioni debbono essere effettuate periodicamente permettendo il confronto con quelle precedenti
- Permettere di definire le Singole Valutazioni sotto forma di un Parametro Numerico od una classe di Appartenenza di quel Paziente, al fine di poter utilizzare lo stesso, nei casi indicati, anche come Indicatore Numerico
In particolare si tratta di individuare e poi compilare alcune Schede\Scale di Valutazione, ognuna specifica per una Determinata Area o Funzione (tipo il Livello di Autonomia, Il Grado di Relazioni Sociali, il Grado di Disabilità ecc.) che nella loro Globalità vengano a definirci le Caratteristiche Generali di quel Paziente e la sua evoluzione nel Tempo.
Quali le Scale di Valutazione più utilizzate?
Schematicamente, come già segnalato, le aree tematiche fondamentali, o ‘dimensioni’, che configurano la natura multipla della valutazione, sono rappresentate da:
- salute fisica,
- stato cognitivo (o salute mentale),
- stato funzionale,
- condizione economica e condizione sociale.
Attualmente numerosissime sono le Scale di Valutazione in ambito geriatrico definite, validate ed utilizzate. Segnaliamo come nelle sole “Linee-Guida sull’Utilizzazione della Valutazione Multidimensionale per l’Anziano Fragile nella Rete dei Servizi”, Progetto finalizzato del Ministero della Salute, realizzato a cura della “SIGG” (Società Italiana Gerontologia e Geriatria), della “Società Italiana di Medicina Generale” e dall’“Istituto Nazionale di Riposo e Cura Anziani” siano riportate nella sezione bibliografica alcune centinaia tra scale validate ed articoli scientifici di discussione e valutazione delle stesse. Non è compito di una pubblicazione come questa soffermarsi ora sulle singole scale o ambiti di aree tematiche, nonostante il mio particolare interesse a tale argomento, risultando almeno utile ricordare le principali Scale di Valutazione utilizzate, lasciando poi ai singoli Operatori il compito di ricercare ed individuare quelle più “appropriate” per le proprie realtà (sanitarie o assistenziali) e per i propri “clienti” (Pazienti od Ospiti).
(continua)
[Giuliani Gian Carlo – La Valutazione MultiDimensionale come “Indicatore di Outcome” in ambito geriatrico – Assistenza Anziano 2011]
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Post n° 320 (5° del 2020) Inserito il 29 Marzo 2020 – Testo di giuliani gian carlo – Foto by pixabay-com
Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it
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N.B.: Tali contributi non forniscono indicazioni o consigli medici, ma riportano solo Dati Scientifici provenienti dalla Letteratura Medica, costituiti dai risultati di Studi Epidemiologici e/o Clinici. La presenza di collegamenti (link individuabili con il grassetto, colore del testo blu ed il sottolineato) permette la consultazione di approfondimenti su alcuni temi segnalati nel testo, approfondimenti generalmente riferibili a fonti scientifiche o divulgative sicure.