La Memoria rappresenta una di quelle funzioni psichiche superiori sulle quali abbiamo negli ultimi anni appreso molto. Alla pari però, ci mancano ancora molte informazioni e numerosi sconosciuti meccanismi circa il suo funzionamento. Come tutto in Salute ciò che appare e ciò che avverrà risulta provocato da un mix di ambiente e patrimonio genetico e tale combinazione è alla base delle principali spiegazioni del fenomeno dei Centenari e/o dei Supercentenari, persone che raggiungono e superano i 100 anni di vita, frequentemente in condizioni di salute psico-fisica migliore rispetto agli Anziani di loro più giovani. Inutile dire come tale fenomeno interessi un po’ tutti, cittadini e ricercatori, i primi molto interessati a conoscere se esistono delle ricette miracolose per arrivare a tali venerande età ed i secondi rivolti a scoprire eventuali meccanismi scientifici sottesi al fenomeno stesso.

Ma ognuno di noi che quotidianamente assiste e/o cura Paziente Anziani ha piena coscienza di come diventare Anziani possa risultare un successo, che rimane però parziale o inutile se l’età avanzata non si accompagna ad una dignitosa Qualità di Vita. Quest’ultima non può certo accompagnarsi a invalidanti disturbi della Memoria, capaci di trasformare ogni giornata in un vero e proprio inferno, anche se non è detto che la Demenza Senile sia una esperienza solo negativa per sè e per gli altri.

Sulla memoria la Letteratura Scientifica continua a produrre ripetuti contributi, spaziando dagli studi su aspetti clinici a quelli  terapeutici ed agli stili di vita. La segnalazione di oggi ci riporta alle correlazioni tra Patrimonio Genetico e Memoria, pubblicata sulla Rivista Frontiers in Aging Neuroscience nel mese di Maggio 2018, proprio relativa ad eventuali caratteristiche favorevoli dei soggetti SuperAgers. Questi ultimi sono adulti di età superiore ai 80 anni con prestazioni di memoria episodiche almeno equivalenti a quelle degli adulti di mezza età media. Comprendere i determinanti biologici di SuperAging può avere rilevanza per prevenire il declino cognitivo legato all’età e la demenza. Questo studio mirava a identificare le associazioni tra variazioni genetiche e il fenotipo SuperAging. A tal fine il test di combinazione del KASE Association Combined (SKAT-C) è stato condotto a livello genico includendo sia varianti rare che comuni in 56 SuperAgers e 22 controlli cognitivi nella media della Neuroimaging Initiative (ADNI) della malattia di Alzheimer.

Conclusioni della ricerca:  il fenotipo SuperAging è stato associato a varianti del gene della proteina chinasi attivata dalla mitogenina chinasi 3 (MAP2K3), con tre polimorfismi a singolo nucleotide (SNPs). Tale sostanza MAP2K3 risiede in un percorso biologico legato alla memoria. Questo lavoro preliminare suggerisce che MAP2K3 potrebbe rappresentare un nuovo bersaglio terapeutico per il declino della memoria correlato all’età e forse il morbo di Alzheimer (AD). Avere, quindi, una memoria di ferro per tutta la vita potrebbe, o dovrebbe, dipendere da un gene, potenzialmente implicato in una minore atrofia cerebrale e minori cambiamenti patologici associati alla Demenza Senile.

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Post n° 26  (51° del 2018) Inserito il 30 Maggio 2018  –   Testo di giuliani gian carlo  –    Foto by pexels.com

Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it 

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