Ormai lo sanno tutti, ma il 2 Maggio è stato il cinquecentenario della morte di Leonardo da Vinci, universalmente considerato uno dei geni dell’Umanità, protagonista e vanto del Rinascimento Italiano, una delle epoche culturalmente e scientificamente più importanti della Storia del nostro Paese. Di lui si è detto tanto, soprattutto sulla sua poliedricità professionale: pittore, scultore, inventore, ingegnere militare, scenografo, anatomista, pensatore, uomo di scienza ecc. Ma di lui in questo 2019 se ne parlerà ancora di più, in quanto in molte città italiane sono stati organizzati importanti Eventi Culturali e Scientifici, per onorare la sua memoria ed il suo genio.

Tra le tante cose per cui Leonardo è conosciuto, dobbiamo ricordare i suoi studi anatomici e quelli relativi alla fisica ed alla bioingegneria medica: famosi sono quelli sul sistema nervoso (sul cranio, sul cervello, sui ventricoli cerebrali, sul midollo spinale, sui nervi cranici e su quelli periferici ecc.), e non solo.

Data tale ricorrenza, le notizie e le pubblicazioni su Leonardo stanno aumentando proprio in questi giorni: dal rinvenimento di una sua ciocca di capelli alla attribuzione di un’ennesima opera pittorica, dalla segnalazione, quasi pettegola, di una sua difficoltà con i calcoli più semplici nonostante le sue capacità fisiche e geometriche alla recente pubblicazione di un “numero quasi monografico” della Rivista The Lancet dedicato al Genio di Vinci.

Ma la segnalazione di oggi riguarda uno studio pubblicato sul Journal of the Royal Society of Medicine, anch’esso in parte dedicato a numerosi contributi relative al Genio. In particolare riguarda la sua salute,  menomata e limitata da una paresi della mano destra che lo avrebbe costretto a ridurre, negli ultimi mesi della sua vita, la sua attività di pittore, paresi finora attribuita ad un ictus cerebrale. Partendo da una attenta osservazione di un ritratto di Leonardo attribuito all’artista lombardo Giovan Ambrogio Figino e raffigurante il suo braccio destro tenuto al collo ed avvolto nelle pieghe dei vestiti, con la mano sospesa e bloccata in una posizione rigida, due ricercatori italiani hanno avanzato una nuova ipotesi, sottolineando come nel caso di un ictus la mano si sarebbe presentata contratta e spastica e non ad artiglio, come nel caso della paralisi ulnare. A forza di uno stress cronico da compressione (per uso e disuso del braccio) il nervo citato avrebbe causato deficit motori e sensitivi, portando successivamente ad una deformazione ad uncino delle dita.

Ancora una volta Scienza ed Arte si integrano e si completano, aiutando la descrizione di quadri clinici e suggerendo nuove diagnosi cliniche.

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Post n° 296  (11° del 2019) Inserito il  16 Maggio 2019  –  Testo di giuliani gian carlo – Foto by by pixabay.com

Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it 

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N.B.: Tali contributi non forniscono indicazioni o consigli medici, ma riportano solo Dati Scientifici provenienti dalla Letteratura Medica, costituiti dai risultati di Studi Epidemiologici e/o Clinici.