Le malattie cardio-vascolari, seppur in significativo calo da alcuni decenni, rappresentano ancora oggi la principale causa di morte, mortalità e comorbilità in Italia. Tale dato, noto e confermato da tempo, non sempre viene ben compreso dalla Popolazione, spesso erroneamente attribuito al solo Genere Maschile, dimenticando come in età geriatrica tali patologie siano prevalenti e più invalidanti in quello Femminile, presentandosi circa 10 anni dopo. Grazie a varie Campagne informative nazionali ed all’introduzione di alcune Carte del Rischio, il rischio si è ridotto notevolmente, permanendo però ancora elevato. Non si è ancora conclusa la ricerca dei numerosi Fattori di Rischio, alcuni dei quali sono stati segnalati da poco tempo.

La Segnalazione di oggi fa riferimento ad una recente ricerca pubblicata sulla prestigiosa Rivista Cardiologica ESC Heart Failure (riferimento della ESC Società Europea di Cardiologia). Questa l’Introduzione allo Studio:

“Il ferro è essenziale per l’omeostasi del corpo umano. Svolge un ruolo centrale nel trasporto e nell’utilizzo dell’ossigeno, nonché nella funzione mitocondriale. Storicamente, lo stato del ferro è stato valutato misurando i livelli sierici di ferritina e ai pazienti con bassi livelli sierici di ferritina è stata diagnosticata una carenza assoluta di ferro (AID) o un AID grave. In tali pazienti è molto probabile che siano presenti anemia e disfunzione del muscolo scheletrico. Tuttavia, la ferritina da sola potrebbe non essere sufficiente per fornire una valutazione accurata e affidabile dello stato del ferro, poiché riflette esclusivamente il ferro immagazzinato. La saturazione della transferrina (TSAT) dovrebbe essere ulteriormente misurata per tenere conto del ferro utilizzato. La misurazione di entrambi i marker fornisce una descrizione più accurata dello stato del ferro e può identificare i pazienti con carenza di ferro funzionale (FID)

Recentemente, diversi studi cardiovascolari hanno indicato un’associazione di AID e FID con morbilità e mortalità in pazienti con malattie cardiovascolari (CVD) come malattia coronarica (CHD), infarto miocardico acuto e insufficienza cardiaca. Questi risultati hanno portato all’inizio di uno studio randomizzato controllato sull’integrazione di ferro rispetto al placebo in pazienti con insufficienza cardiaca (FAIR-HF).

Qui, l’integrazione di ferro ha mostrato un miglioramento significativo degli endpoint funzionali, un effetto indipendente dalla presenza di anemia. Sulla base di questo studio, è stato avviato un secondo studio randomizzato controllato sull’integrazione di ferro nei pazienti con insufficienza cardiaca (FAIR-HF II). Questo secondo studio valuterà un endpoint di mortalità e dovrebbe essere segnalato entro i prossimi anni (NCT03036462). Entrambi gli studi hanno utilizzato una definizione aggiornata di FID, basata su ferritina bassa (<100 μg/L) o ferritina intermedia (≥100 μg/L ma <300 μg/L) con un TSAT basso (<20%).

Sulla base dell’associazione di AID e FID con l’esito nei pazienti con CVD, si potrebbe ipotizzare che anche la carenza di ferro (ID) possa svolgere un ruolo importante nella popolazione generale. Tuttavia, analisi precedenti hanno studiato l’ID principalmente sulla base di definizioni di sola ferritina nella popolazione generale (ad esempio, valutazione di livelli bassi o molto bassi di ferro immagazzinato, AID e AID grave) e non sono riuscite a mostrare un’associazione coerente con esiti distinti dopo un adeguato aggiustamento. Valutare FID, e quindi condotti per la valutazione utilizzati ferro come il ferro e immagazzinato, fornisce un quadro più completo dello stato del ferro e potrebbe quindi essere un marker di rischio affidabile per CVD incidenti e la mortalità, anche a livello di popolazione generale. Quindi, lo scopo di questo studio era di valutare l’associazione tra AID/FID con CVD incidente e mortalità nella popolazione generale.

Quale il risultato dello Studio?  Lo studio ha mostrato quanto la carenza di ferro fosse altamente prevalente in questa popolazione di mezza età analizzata, con quasi due terzi in deficit funzionale: questi individui avevano più probabilità di sviluppare malattie cardiache e avevano anche più probabilità di morire durante i successivi 13 anni. Si tratta di uno studio osservazionale e non si può concludere che la carenza di ferro provochi malattie cardiache; tuttavia, emerge con evidenza sempre maggiore che esiste un legame e questi risultati forniscono la base per ulteriori ricerche utili a confermare queste osservazioni.


Post n° 337 (12° del 2021) Inserito il 25 Ottobre 2021 –   Testo di giuliani gian carlo  –  Foto by nutrienti e supplementi

Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it 

(Legenda: Testo  –  Collegamenti-Link  –  Testo rilevante senza collegamenti  –  corsivo: citazioni)