Nelle 2 Edizioni 2016 del nostro classico Corso sul Dolore (che quest’anno si ripeterà il 05 Maggio 2018) avevamo segnalato l’uscita, del Marzo 2016, delle più recenti Linee Guida sulla Prescrizione dei Farmaci Oppioidi per il Dolore Cronico a cura del Center for Disease Control and Prevention. Queste ultime contengono raccomandazioni che sollecitano i medici di base e gli specialisti a limitare le prescrizioni di oppioidi nel trattamento del dolore cronico. In particolare, le nuove Linee Guida invitano a offrire terapie alternative: dall’uso di farmaci anti-infiammatori, alla terapia fisica, ai massaggi e così via. Quali i punti fondamentali:
- La gestione del dolore da parte dei medici di assistenza primaria del dolore cronico risulta impegnativo.
- Le prove di efficacia a lungo termine degli oppioidi per il dolore cronico è limitata.
- L’uso degli oppioidi è associato a gravi rischi, tra cui il disturbo uso di oppiacei e overdose.
Quali le Raccomandazioni:
- Ci sono 12 raccomandazioni.
- La terapia non oppiacei è preferita per il trattamento del dolore cronico.
- Gli oppioidi dovrebbero essere utilizzate solo quando sono attesi benefici per il dolore e la funzione per prevalere sui rischi. Prima di oppioidi a partire, i medici dovrebbero stabilire obiettivi di trattamento con i pazienti e considerare come gli oppioidi saranno interrotti se i benefici non sono superiori ai rischi.
- Quando si utilizzano gli oppioidi, i medici dovrebbero prescrivere la dose minima efficace, rivalutare attentamente i benefici e i rischi quando si considera l’aumento del dosaggio a 50 equivalenti di morfina milligrammi o più al giorno, e di evitare gli oppioidi concomitanti e benzodiazepine, quando possibile.
- I medici dovrebbero valutare i benefici e i rischi della terapia con oppioidi continuativa con i pazienti ogni 3 mesi o più frequentemente, e rivedere i dati del programma di monitoraggio della droga di prescrizione, quando disponibile, per le combinazioni ad alto rischio o dosaggi.
- Per i pazienti con disturbo da uso di oppioidi, i medici dovrebbero offrire o organizzare un trattamento evidence-based, come il trattamento farmaco-assistita con buprenorfina o metadone.
Tali Linee Guida non hanno però avuto, a parte il periodo immediatamente successivo alla loro pubblicazione, una grossa eco in Paesi come l’Italia ove, il consumo di farmaci oppioidi non è certo ancora così diffuso o prescritto ad elevati dosaggi come negli Stati Uniti, che sono attualmente occupati nel monitorare e trattare gli effetti collaterali di tali farmaci. Ricordiamo, inoltre, come la non più recente Legge 38 sul Dolore (inutile) non sia ancora sufficientemente applicata in tutta Italia, segnalandoci come l’utilizzo dei farmaci oppioidi sia ancora una realtà ancora da venire.
Ora, a distanza di 2 anni, ecco la risposta (italiana) alla segnalazione di rischi e pericoli vari riconducibili alla terapia con oppioidi, a cura della Società Italiana di Farmacologia , che ha pubblicato un Documento di Posizione proprio su tale tema. Il Titolo di tale Documento (Trattamento del dolore cronico in Italia: appropriatezza terapeutica con oppiacei e timore di addiction: situazione italiana vs USA) già riassume il tono del contributo odierno.
Il Documento citato risulta ben articolato e documentato, dotato di un interesse ed una praticità non indifferenti. Da parte nostra segnaliamo solo le conclusioni.
<La Società italiana di Farmacologia ritiene che, benché l’utilizzo di analgesici oppiacei in Italia sia di gran lunga inferiore al Nord Europa e agli USA, grande attenzione debba essere posta nell’evitare il rischio di abuso, pur garantendo a tutti i pazienti con dolore il diritto all’accesso alle cure, come previsto dalla legge 38/2010. Risulta sicuramente utile individuare strumenti come l’Opioid Risk Tool (ORT), il questionario proposto dal National Institute of Drug Abuse (NIDA) o altri questionari disponibili nella rete italiana. Tali strumenti consistono in questionari che valutano le patologie e la personalità dei pazienti, la presenza di sindromi ansioso-depressive o di disturbo di personalità, l’esistenza di un eventuale stress psicologico, di dipendenza sessuale, di iperattività patologica, di ludopatia e la capacità del paziente di aderire alle prescrizioni del medico. L’identificazione precoce di pazienti a più alto rischio permette di rivolgere loro una maggiore attenzione e quindi una più efficace presa in carico con un programma di monitoraggio più intenso cui associare il counseling motivazionale, ovvero una strategia per prevenire la diversione. In tal modo il trattamento del dolore cronico assumerebbe una maggiore sicurezza (safety) senza minare l’alleanza terapeutica, la conformità del comportamento dei pazienti alle norme ed il miglioramento dell’aderenza al piano terapeutico.
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Post n° 253 (40° del 2018) Inserito il 19 Aprile 2018 – Testo di giuliani gian carlo – Foto by pixaby.com
Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it
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