Dell’intelligenza, o meglio, delle intelligenze ne parliamo tutti quasi quotidianamente. Questo anche se, nonostante la ricchissima letteratura scientifica esistente a tal proposito, non vi sia ancora una sua definizione condivisa. Tra tutte quelle viste e riviste segnaliamo quella presente sull’Enciclopedia Treccani, secondo la quale l’intelligenza è: un complesso di facoltà psichiche e mentali che consentono all’uomo di pensare, comprendere o spiegare i fatti o le azioni, elaborare modelli astratti della realtà, intendere e farsi intendere dagli altri, giudicare, e lo rendono insieme capace di adattarsi a situazioni nuove e di modificare la situazione stessa quando questa presenta ostacoli all’adattamento;………..propria dell’uomo, in cui si sviluppa gradualmente a partire dall’infanzia e in cui è accompagnata dalla consapevolezza e dall’autoconsapevolezza, ………è riconosciuta anche, entro certi limiti (memoria associativa, capacità di reagire a stimoli interni ed esterni, di comunicare in modo anche complesso, ecc.), agli animali, specialmente mammiferi (per es., scimmie antropomorfe, cetacei, canidi).

Relativamente alle intelligenze ricordiamo le classificazioni a cura dello psicologo H.Gardner, che ne ha inizialmente individuate 7 più 2 successivamente, per poi reinventare una nuova classificazione (più complessa) a 5 categorie: intelligenza disciplinare, intelligenza sintetica, intelligenza creativa, intelligenza rispettosa ed intelligenza etica.

In realtà una nuova forma di intelligenza si sta sviluppando negli ultimi anni, promettendo grandi sconvolgimenti sociali, economici, culturali ma anche sanitari ed assistenziali: l’intelligenza artificiale, ramo dell’informatica in grado di programmare e progettare il dotare strumentazioni, applicazioni e macchine varie di conoscenze e capacità tipicamente umane, al fine di poter integrare e/o sostituire l’intervento umano, compreso il problem-solving. L’intelligenza artificiale, così descritta non rappresenta più per la Società il futuro, bensì l’oggi , portando con sè dubbi, ansie e problemi etici.

E’ di pochi giorni orsono, infatti, la notizia che una apposita Commissione del Parlamento Europeo di Bruxelles ha definito un Gruppo di (52) Alti Esperti sull’Intelligenza Artificiale, il cui compito sarà quello di definire le prime linee guida etiche e una serie di raccomandazioni sullo sviluppo di queste nuove tecnologie e su come affrontare le sfide generate da tali nuove opportunità, sia a medio che a lungo termine. Tale Gruppo si avvarrà anche dell’aiuto e dei suggerimenti della Alleanza Europea sull’Intelligenza Artificiale, piattaforma online di discussione e proposte messa a disposizione di tutti gli stakeholders di tale opportunità per il progresso.

Associato all’incremento ed alla crescita della tecnologia a potenziale vantaggio dell’Uomo,  si è, però, negli anni assistito ad un progressivo arresto dell’evoluzione dell’intelligenza umana, molto simile ad una vera e propria involuzione. Sulla base degli studi del dr. Gerald Crabtree, genetista in Stanford, l’intelligenza umana avrebbe intrapreso una traiettoria discendente da alcuni secoli a questa parte: a determinarla sarebbero stati i cambiamenti inevitabili nella composizione genetica accoppiati con i moderni progressi tecnologici. Molti dei circa 5.000 geni che costituirebbero la base per l’intelligenza umana, infatti, avrebbero subito un certo numero di mutazioni nel corso degli anni, costringendo l’uomo moderno a essere solo in parte brillante come i suoi antenati. Le analisi dei tassi di mutazione umana e il numero di geni necessari per l’idoneità intellettuale ed emotiva umana indicano come stiamo quasi certamente perdendo queste capacità.

Ma anche lo stile di vita avrebbe favorito tale involuzione: vari studi hanno negli anni dimostrato come una alimentazione sana favorirebbe un Quoziente Intellettivo più elevato rispetto al resto della popolazione, al contrario di altre cattive abitudini negli stili di vita e nei metodi educativi. Globalmente, inoltre, il Punteggio del Q.I. sarebbe progressivamente diminuito a partire dalla fine della II Guerra Mondiale. A conferma di questa ultima affermazione proponiamo la segnalazione di oggi, relativa ad una indagine svolta in Norvegia su 730.000 test di intelligenza somministrati dal 1970 al 2009 ad altrettanti giovani poco meno che ventenni, suddivisi in 3 generazioni. Tale indagine avrebbe dimostrato come tali test abbiano perso almeno 7 punti medi per ogni nuova generazione, confermandosi anche all’interno delle singole famiglie, ad escludere una influenza prevalentemente genetica. Quali allora le spiegazioni di tali risultati? Sicuramente gli stili di vita – concludono gli Autori del paper – che portano sempre più ad escludere libri e lettura, a vantaggio di Internet e videogiochi (come dire che certe tecnologie ci rendono stupidi)……a meno che i vecchi test per l’intelligenza non siano più validi per i nativi digitali.

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Post n° 268  (55° del 2018) Inserito il 28 Giugno 2018  –   Testo di giuliani gian carlo  –    Foto by pixabay.com

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