Tra i principali meccanismi con i quali si ipotizza la genesi della Malattia di Alzheimer vi è quello della iperproduzione della proteina beta-amiloide. Si tratta di una proteina che deriva da un precursore (APP: Proteina Precursore dell’Amiloide), nota proteina transmembrana delle cellulare neuronali (con un estremo all’interno della cellula e l’altro all’esterno della stessa) il cui compito è quello di stimolare la crescita funzionale delle cellule.
Normalmente tale opera di taglio della proteina APP è favorita da 2 enzimi (alfa-secretasi e la gamma-secretasi, aiutata dalla proteina presenilina). Nel caso, invece, in cui intervenga altro enzima (beta-secretasi), i frammenti ottenuti risultano anomali, tendendo ad aggregarsi sia all’interno che all’esterno della cellula neuronale e risultando tossici per le stesse cellule. Alla morte cellulare contribuisce anche il deposito di Proteina TAU anomala, favorito dalla presenza della beta-amiloide. Un aumento del tasso di beta-amiloide anomalo nel liquido cefalo-rachidiano rappresenta un parametro predittivo per l’Alzheimer.
Una volta all’esterno delle cellule nervose, la beta-amiloide anomala tende ad aggregare, contribuendo a formare le placche senili (o placche amiloidi), costituite da una parte centrale (depositi di amiloide) e di una parte periferica costituita da frammenti neuronali (frammenti assonali). Tali lesioni risultano in grado di provocare i sintomi della malattia e di alterare le sinapsi (o collegamenti funzionali tra le cellule, che permettono la trasmissione degli impulsi nervosi. Molte sono le ricerche che si sono concentrate sul ruolo della beta-amiloide nella genesi della Malattia di Alzheimer.
La segnalazione di oggi riguarda la scoperta, da parte di ricercatori dell’ISS, dell’Istituto di Farmacologia del CNR e dell’IRCCS San Raffaele, di un nuovo meccanismo che vede coinvolta una proteina che ha il ruolo di riparare i danni provocati da stress e da altri stimoli all’interno dei neuroni.
Leggiamo dal Comunicato Stampa a cura del C.N.R:.
“Un team di ricercatori e ricercatrici dell’Istituto superiore di sanità (ISS), Istituto di farmacologia traslazionale del Cnr (Cnr-Ift) e IRCCS San Raffaele di Roma hanno scoperto un nuovo meccanismo molecolare alla base della perdita della memoria e delle capacità cognitive che caratterizzano le demenze. Il nuovo meccanismo vede coinvolta una proteina che ha il ruolo di riparare i danni del doppio filamento del DNA provocati da stress e da stimoli di natura diversa all’interno dei neuroni.
La scoperta non soltanto aggiunge nuovi importanti tasselli di conoscenza di una patologia che, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, riguarda in Italia circa 2 milioni di persone (1 milione e 100 mila con demenza, 900 mila con un disturbo cognitivo lieve), ma in futuro potrebbe aprire la strada anche a nuove possibilità nella diagnosi precoce, fornendo un nuovo biomarcatore di malattia.
Lo studio, pubblicato su EMBO Reports, dimostra per la prima volta che l’enzima DNA-PKcs – una proteina chinasi coinvolta nei meccanismi di riparazione del DNA all’interno delle cellule nervose di ognuno di noi – è localizzata nelle sinapsi, cioè nel punto di contatto funzionale al livello del quale avviene la trasmissione delle informazioni tra i neuroni. Gli autori hanno dimostrato che nelle sinapsi la DNA-PKcs è responsabile della fosforilazione di PSD-95 (la fosforilazione è una particolare modificazione della struttura della proteina che consiste nell’aggiunta di un gruppo fosforico alla molecola), una proteina responsabile dell’organizzazione delle sinapsi, della loro struttura e di conseguenza anche della trasmissione dei segnali.
“La modificazione di PSD-95 da parte della DNA-PKcs, rende PSD-95 stabile all’interno delle sinapsi e non suscettibile di degradazione, come avviene per esempio nell’Alzheimer”, spiega Daniela Merlo, Dirigente di Ricerca del Dipartimento di Neuroscienze e Direttrice della Struttura Interdipartimentale sulle Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità, coordinatrice dello studio.
“Questa nuova scoperta dimostra che la DNA-PKcs ha un ruolo fondamentale nella memoria e nei deficit cognitivi che caratterizzano l’Alzheimer e le demenze”, spiegano Cristiana Mollinari ricercatrice del Cnr-Ift e Leonardo Lupacchini, ricercatore del San Raffaele Roma, primi autori dell’articolo.
Nel 2016 lo stesso gruppo di ricercatori aveva scoperto che l’attività dell’enzima DNA-PKcs viene inibita dalla beta-amiloide, la proteina che tipicamente si accumula nel cervello dei pazienti con Alzheimer. La mancata riparazione dei danni al DNA che deriva dall’inibizione di DNA-PKcs è implicata nella morte dei neuroni osservata in diverse malattie neurodegenerative, tra cui l’Alzheimer. Infatti, la diminuzione dei livelli e dell’attività della DNA-PKcs è stata osservata nei cervelli di pazienti con Alzheimer.
Ora, questo studio propone un nuovo scenario in cui nella malattia di Alzheimer, ma non solo, la ridotta attività enzimatica della DNA-PKcs, mediata dall’accumulo di beta-amiloide, provoca la riduzione dei livelli di PSD-95 nelle sinapsi dovuta alla sua mancata fosforilazione, e di conseguenza la disfunzione delle sinapsi. Che è alla base della perdita di memoria. La mancata fosforilazione di PSD-95 nelle patologie neurodegenerative caratterizzate da deficit cognitivo, quindi, potrebbe rappresentare un nuovo biomarcatore per la diagnosi precoce e per il monitoraggio nel tempo della malattia”.
“La ricerca identifica nuove vie cellulari che possono essere modulate farmacologicamente, e quindi strategie terapeutiche mirate a regolare l’attività della DNA-PKcs e l’integrità di PSD-95 potrebbero avere un importante impatto terapeutico sulla perdita delle sinapsi e quindi sui deficit cognitivi in diverse malattie neurologiche”, aggiunge Enrico Garaci, Presidente del Comitato Tecnico Scientifico dell’IRCCS San Raffaele Roma.
Un aspetto, quest’ultimo, particolarmente importante se si considera che la malattia di Alzheimer e le demenze hanno un impatto considerevole in termini socio-sanitari, e rappresentano una delle maggiori cause di disabilità nella popolazione generale e in quella anziana in particolare, rappresentando uno dei problemi più rilevanti in termini di sanità pubblica.
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Post n° 350 (11° del 2024) – Inserito il 14 Settembre 2024 – Testo di giuliani gian carlo –
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