In settimane come queste, in cui la Formazione frontale è sospesa per l’attuale emergenza sanitaria, proviamo a creare alcuni post di formazione, riconducibili a tematiche sanitarie ed assistenziali che speriamo proprio di poter affrontare in appositi Corsi ECM nei prossimi mesi. Si tratterà di “pillole di Formazione”, che potrebbero oltre che formarci in un momento così difficile, anche incuriosirci proprio su tali prossimi Corsi. Proviamo con delle “pillole” da leggere, mentre ci stiamo organizzando per delle “pillole da vedere” in appositi video.
Dopo il 1° Capitolo sulla Valutazione Multi-Dimensionale, ed un secondo sull’Assistenza Familiare al Paziente Infetto (non solo Covid-19) o sospetto tale, passiamo alla Sindrome da Allettamento, patologia che interessa pressochè tutte le Figure Professionali Sanitarie ed Assistenziali.
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Il riposo a letto è il primo rimedio che il medico generalmente prescrive per molte patologie acute ed è anche quello che tutti noi (o quasi) vorremmo ci fosse prescritto allorquando “malati” o “indisposti”. Purtroppo lo “stare a letto” senza reali indicazioni, in molte patologie invalidanti croniche (neurologiche e non) rappresenta una delle concessioni che non devono essere fatte al paziente, che anzi deve essere invitato, anche se contrario, a lasciarsi mobilizzare o mobilizzarsi autonomamente, rimanendo fuori dal letto più ore possibili durante il giorno.
La mobilizzazione precoce del paziente (vale a dire alzare dal letto il Paziente per posizionarlo, almeno inizialmente in sedia o carrozzina) è una delle prime regole che il personale sanitario ed i familiari devono attuare per stimolare il recupero, ridurre il grado di non-autosufficienza e, soprattutto, per evitare la pericolosa “Sindrome da Immobilizzazione” (o da “allettamento” od “ipocinetica”), che è la somma di tutte quelle modificazioni fisiopatologiche indotte dallo stare a letto. Alla lunga, tali modificazioni non solo impediranno al paziente di potersi alzare senza stare male, ma diminuiranno la durata di vita stessa esponendolo a gravi e pericolose complicazioni, talora letali (tipo infezioni, piaghe da decubito ecc.).
La sindrome da immobilizzazione interessa tutti gli organi, risultando essere indipendente dalla malattia che ha determinato l’inattività a letto, più grave nelle persone anziane ed in quelle reduci di interventi chirurgici, di infezioni e/o cadute complicate.
Cause di immobilizzazione:
Alla base dell’allettamento nel 55% dei casi circa c’è una malattia medica, nel 30% una patologia chirurgica e/o traumatica e nel rimanente 15% malattie neuropsichiatriche e fattori sociali. Importanti concause sono rappresentate dalla comorbilità (presenza di patologie croniche invalidanti), trattamenti farmacologici ed atteggiamenti socio-comportamentali.
Il maggior rischio della sindrome d’allettamento per i Pazienti Anziani è prevalentemente riconducibile proprio al concetto di “fragilità” precedentemente definito, coinvolgenti svariati fattori tra cui il fisiologico decadimento delle prestazioni fisiche, la riduzione della capacità funzionale degli apparati, fattori economici, sociali, maggiore morbilità per patologie croniche e la debolezza psicologica.
Tra i fattori biologici sono compresi:
- patologie a carico dell’apparato muscolo-scheletrico: artriti, osteoartrosi, osteoporosi, fratture (principalmente a seguito di cadute e a carico del femore), polimialgia reumatica, borsiti e tendiniti (soprattutto a carico del piede). Queste condizioni inducono immobilità provocando dolore, ridotta ampiezza di movimento, debolezza muscolare, decondizionamento;
- malattie neurologiche: ictus, m. di Parkinson, demenza, neuropatie periferiche, cui conseguono compromissione della funzione motoria da danno centrale, dolore, debolezza ed ipotrofia muscolare, deficit sensoriali (propriocettivi);
- malattie cardiovascolari: scompenso cardiaco (dispnea da sforzo), coronaropatia (angina da sforzo), arteriopatie obliteranti periferiche (claudicatio intermittens);
- malattie polmonari: BPCO e sindromi restrittive (dispnea, minore capacità aerobica);
- altre condizioni: riduzione del visus (cataratta, retinopatie, ecc.), patologie a carico dei piedi (ulcere, calli, onicomicosi), malnutrizione, gravi malattie sistemiche (ad es. neoplasie), effetti collaterali di farmaci (sonnolenza ed atassia indotte da ansiolitici, rigidità muscolare e bradicinesia da neurolettici), comorbidità.
Tra i fattori psicologici ricordiamo la depressione, il timore di cadute e la perdita dell’abitudine al movimento (ad es. per decondizionamento da riposo prolungato a letto dopo malattie acute), condizioni che inducono i pazienti a mettersi più spesso o a stazionare più a lungo tra poltrona e letto.
I fattori socio-ambientali, che il più delle volte giocano il ruolo di aggravanti, comprendono innanzitutto l’inadeguatezza del supporto sociale, che può causare solitudine, indigenza e malnutrizione con conseguente impatto negativo sulla funzionalità motoria.
L’immobilizzazione forzata a letto, quale si osserva spesso nei reparti ospedalieri per la cura di patologie acute o negli istituti di assistenza nei confronti di anziani con problemi di instabilità, di deficit visivi o di malattie acute, in assenza di programmi idonei di mobilizzazione, da un lato può precipitare una condizione motoria già precaria e dall’altro può essere la causa dello scompenso multisistemico che configura i gradi più estremi della sindrome da immobilizzazione.
La presenza di barriere architettoniche (ad es. gradini) e l’assenza di ausili per il movimento (ad es. bastoni o altri tipi di appoggi mobili, calzature apposite, sponde o corrimani appropriatamente posizionati), sia negli istituti di ricovero che in ambiente domestico, possono altresì ostacolare le prestazioni motorie.
Naturalmente questi fattori spesso interagiscono tra di loro ed è da tale interazione che dipende la velocità con cui si instaura e progredisce la sindrome da immobilizzazione. Ad esempio a parità di condizioni psico-fisiche, l’assenza di un supporto sociale adeguato o la presenza di condizioni ambientali sfavorevoli può condizionare negativamente la performance motoria, ostacolando il recupero della mobilità ed influenzando pertanto il quadro della disabilità.
Quando si manifesta la Sindrome da Allettamento?
Essa si manifesta chiaramente dopo 2/3 settimane di riposo a letto, quando cioè il paziente presenta i disturbi relativi alla patologia di base più i sintomi legati all’inattività fisica ed alla protratta postura orizzontale.
Cosa accade quando si rimane per lungo tempo a letto?
A carico di tutti gli organi si manifestano alterazioni del regolare funzionamento, che alla lunga si trasformano in vere e proprie nuove malattie. In particolare si ha:
– APPARATO DIGERENTE: è noto a tutti come a letto sia tecnicamente più difficile alimentarsi, comparendo infatti disturbi fin dalla deglutizione. Tutta l’attività motoria degli organi interni (esofago, stomaco ed intestino) risulta alterata, con tendenza al rallentamento. Da qui la cattiva digestione, la stitichezza, la formazione di masse fecali dure che ostacolano il transito intestinale (“i fecalomi”) e la “falsa diarrea” da fermentazione fecale.
– APPARATO RESPIRATORIO: innanzitutto si osserva una compressione dei polmoni dal basso verso l’alto, dovuto alla pressione esercitata dagli organi addominali sul diaframma (che è il muscolo che internamente separa il torace dall’addome). Ne risulta una riduzione della quantità di polmone funzionante con riduzione dei volumi d’aria che possono entrare ed uscire. Tutti i secreti bronchiali (compreso il catarro) ristagnano, presentandosi una difficoltà nell’espettorazione, favorendo così bronchiti e polmoniti. Tutta la muscolatura respiratoria perde di tono e la stessa elasticità polmonare viene meno.
– SISTEMA URINARIO: l’incontinenza urinaria risulta più accentuata nei pazienti allettati, i quali presentano con maggior frequenza anche il disturbo opposto, la ritenzione urinaria. In generale, quindi, sono accentuati i disturbi della minzione, specie nell’uomo; aumenta, infatti, il residuo post-minzionale, nonchè il rischio di infezioni delle vie urinarie. La presenza di incontinenza urinaria è il principale motivo per cui un paziente non viene, erroneamente, mobilizzato.
– APPARATO MUSCOLARE: la perdita di forza muscolare dopo alcuni giorni di allettamento è un’esperienza che tutti noi abbiamo provato dopo un intervento chirurgico od una banale influenza. I muscoli, a causa dell’inattività e dell’immobilizzazione, non solo perdono forza ma vanno incontro ad un processo di atrofia (riduzione delle dimensioni) che può portare ad una perdita della massa muscolare del 50% dopo circa 6 settimane di postura a letto.
– APPARATO OSTEO-ARTICOLARE: la scarsa motilità articolare alla lunga determina vere e proprie deformità articolari con riduzione dei movimenti e dell’escursione articolare che sono alla base dello stare in piedi, camminare ecc. Osteoartrosi e blocchi articolari sono frequenti nei pazienti allettati i quali presentano, a carico delle ossa, l’accentuazione della progressiva riduzione di calcio e proteine (che è poi l’osteoporosi!).
– APPARATO CARDIO-VASCOLARE: è qui che si manifestano le principali complicazioni. Si osserva una ridistribuzione del flusso ematico, con ridotte resistenza cardiaca al lavoro e rallentamento del flusso venoso. Ne consegue una intolleranza alle variazioni posturali (da sdraiato a seduto e da seduto in piedi) con possibili ipotensioni (abbassamento della pressione), svenimenti o anche solo nausea e batticuore. Con il ripetersi di questi episodi sarà alla lunga impossibile mobilizzare il paziente senza che questi accusi dei disturbi. Sempre nei pazienti allettati è bene ricordare come si presenti frequentemente una trombosi venosa profonda, specie se gli arti sono paralizzati o momentaneamente limitati nei movimenti.
– APPARATO CUTANEO: la cute si fa in genere più dura e spessa, ma sottoposta a forze di pressione, stiramento, trazione e macerazione, si può gravemente compromettere, dando origine alle famose piaghe (o ulcere) da decubito, di cui parleremo più avanti.
– SISTEMA NERVOSO CENTRALE (componente psichica): l’allettamento determina apatia, scarso interesse verso sé, gli altri e tutto ciò che ci circonda, perdita dell’appetito, della memoria, dell’orientamento temporo-spaziale e tendenza alla depressione. Spesso compare anche l’ansia, l’irritabilità se non l’agitazione e la confusione. In genere tutte le capacità psichiche superiori mostrano un rallentamento e deterioramento.
– ASPETTI METABOLICI: conseguenze dirette ed indirette (tramite le modificazioni prima esposte) dell’allettamento sono inoltre la malnutrizione, l’ipoalimentazione, la ridotta tolleranza ai carboidrati, nonchè alterazioni dell’eliminazione urinaria di Sodio, Potassio, Fosforo e Calcio e l’aumento di colesterolo, lipemia e rapporto beta\alpha.
Segnaliamo, inoltre, alcune importanti Evidenze ricordateci dalla Letteratura:
- 1 giorno di immobilizzazione a letto richiede ben 3 giorni di riabilitazione
- si ha perdita della massa ossea (>nei primi giorni)
- nell’allettamento si rileva una perdita del 10% circa di massa muscolare per settimana
Ma quali sono le complicanze della sindrome da allettamento?
Le principali complicazioni sono:
- le piaghe da decubito,
- le infezioni (broncopolmoniti, infezioni delle vie urinarie),
- le subocclusioni intestinali,
- le flebiti agli arti inferiori e le embolie periferiche, pelviche e polmonari,
- le ritenzioni urinarie,
- gli stati confusionali ed i delirium
- l’inversione del ritmo sonno-veglio
- l’insonnia, l’ansia e/o la depressione
- la progressiva accentuazione di un quadro dementigeno fino ad allora non ancora evidente
E’ bene ricordare come un paziente anziano deve temere, per la propria sopravvivenza, non tanto la propria malattia, quanto le sue complicazioni.
Quando è bene, quindi, lasciare a letto il paziente?
Il paziente deve essere lasciato a letto:
- ovviamente nei primi giorni di una patologia acuta (es: polmonite, scompenso cardiaco, ictus ecc.),
- quando ne è in pericolo la vita stessa, fino a quando le patologie non si sono stabilizzate
- quando è presente febbre
- quando sono presenti fratture ossee (es: fratture del bacino) che richiedono la permanenza a letto per un determinato periodo per permettere alle ossa di potersi riconsolidare
Il paziente non dovrà essere tenuto a letto solo perché lo desideri senza fondate motivazioni, accontentandolo con un gesto, in pratica, poco umanitario; o solo per evitarsi una fatica assistenziale o, peggio ancora, solo perché incontinente.
Protocollo di Intervento per chi Assiste (per prevenzione o gestione)
- Assumere informazioni (dal Medico o dai Familiari) circa eventuali indicazioni o controindicazioni alla mobilizzazione [la Persona ha una frattura per cui deve rimanere a letto? è allettata cronica da anni per cui ha raggiunto con tale decubito un suo equilibrio?].
- Individuare che atteggiamento (rifiuto o collaborazione) ha la persona nei confronti della mobilizzazione.
- Porre particolare attenzione alle possibili complicazioni legate all’allettamento, nel caso questo sia presente (disfagia, stipsi, gonfiori ad uno od entrambi gli arti, episodi d’ansia, mancanza di fiato ecc.).
- Definire un programma di mobilizzazione della Persona che sia possibilmente standardizzato nel tempo e che preveda la possibilità di consumare i pasti fuori dal letto ed un riposizionamento a letto dopo il pranzo prima di una nuova mobilizzazione al termine di un breve periodo di riposo (circa 2 ore).
- Valutare la necessità di particolari ausili necessari per evitare la sindrome da allettamento e le sue complicazioni (materasso antidecubito, sollevatore, carrozzina, deambulatore ecc.).
[Giuliani Gian Carlo – Materiale Formativo Personale, variamente aggiornato negli anni e pubblicato su proprie pubblicazioni e riportato anche su Siti non personali]
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Post n° 322 (7° del 2020) Inserito il 05 Aprile 2020 – Testo di giuliani gian carlo – Foto by pixabay.com
Presentazione del Blog di Formazione-Sanitaria.it
(Legenda: Testo – Collegamenti-Link – Testo rilevante senza collegamenti – corsivo: citazioni)
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