La Malattia di Alzheimer rimane, a tutt’oggi, una malattia ancora sconosciuta, almeno sul piano delle cause, dei meccanismi con cui si innesca e, purtroppo, delle cure farmacologiche. Sconosciuta, distruttiva, temuta, imbarazzante, pericolosa ma anche appassionante, pesante, lacerante, imprevedibile, umana, educativa e, se vogliamo, anche affascinante. Chissà quanti sono gli altri aggettivi che la potrebbero descrivere, forse quasi tutti, a seconda anche del livello e del grado di relazione che abbiamo con la Persona affetta da tale Malattia: se siamo un familiare, un operatore, un caregiver, un ricercatore, un medico, un vicino di casa o, perché no?, il Paziente stesso.

Una malattia sicuramente ideale per la Medicina Narrativa, una metodologia d’intervento clinico-assistenziale basata su una specifica competenza comunicativa. La narrazione è, infatti, lo strumento fondamentale per acquisire, comprendere e integrare i diversi punti di vista di quanti intervengono nella malattia e nel processo di cura. Il fine è la costruzione condivisa di un percorso di cura personalizzato (storia di cura). Ecco, così, che la Medicina Narrativa, ed i suoi numerosi strumenti, vede coinvolti il Paziente e tutti coloro che, con diversi interessi, gli ruotano attorno.

Nei confronti di una Malattia così complessa e complicata, la Medicina Narrativa ha, al suo attivo vari strumenti e vari obiettivi: la storia di ogni singolo Paziente può non solo aiutare a “curare” quel Paziente, ma anche aiutare nella quotidianità e nel peso assistenziale i suoi Caregivers e/o Familiari, informare ed istruire altri “futuri Familiari” nonchè a rendere edotta la Popolazione su tale malattia. Gli strumenti possono essere una semplice narrazione, un filmato di esperienze e vissuti, un testo scritto, un libro, ma anche strumenti artistici, dalla fotografia al cinema, dai fumetti ai quadri ecc.

E a narrare possono, innanzitutto, essere i Familiari. Ricordiamo due nostre segnalazioni precedenti:

  • la storia di Giovanna, con la figlia che racconta il rapporto con la Demenza della propria Madre: dalla iniziale rabbia verso tutto e tutti alla fase intermedia dell’accettazione e a quella dell’assistenza, con la sua lotta quotidiana finalizzata al riconoscimento della Dignità e della Storia della Madre, pur con la consapevolezza della presenza di una “nuova Persona”.
  • Alzheimer Mon Amour, un libro, un magnifico omaggio che una moglie (psicologa) attenta e preoccupata rende a suo marito, questo racconto dà voce ai malati, ma anche ai medici e ai familiari, poiché l’Alzheimer colpisce tutti coloro che stanno al loro fianco. Svelandone lo smarrimento, la solitudine, la paura della perdita, l’impotenza nelle parole di Cécile che dopo il rifiuto iniziale combatte, si ostina, fa di tutto per strappare il suo Daniel alla morsa dell’oblio, fino al punto di portarlo con sé in Africa, nel tentativo di cambiar vita e liberarsi da ogni preoccupazione. Ben diverso dovrà essere però il percorso per proseguire insieme il loro cammino, e Cécile scoprirà come anche chi ama il malato, in assenza di certezze, possa aver bisogno di aiuto: per capire, per accettare, per amare ancora di più. Alzheimer mon amour, sconvolgente lavoro di ricostruzione, è una testimonianza che turba e che insieme solleva. Già, perchè Vivere e Condividere una malattia come l’Alzheimer è come convivere con una Sindrome da Lutto di lunga durata e lenta elaborazione che avviene quando l’oggetto del proprio bene è ancora vivo.

Ma la Narrazione della Malattia può avvenire anche con i Fumetti.

  • Famoso è il Volume Rughe ed il suo Autore è Paco Roca, fumettista spagnolo specializzato in graphic novel. Leggiamo una sua recensione sul Sito Redattore Sociale: una graphic novel dal tocco ironico e delicato, che racconta attraverso gli occhi di due amici, Emilio e Miguel, la difficoltà di convivere con l’Alzheimer. Si chiama “Rughe”, il fumetto scritto dallo spagnolo Paco Roca, considerato un capolavoro nel suo genere per l’originalità di raccontare una tematica così seria e drammatica attraverso la leggerezza del tocco grafico. Ambientato all’interno di una residenza per anziani, il libro è il racconto di un’amicizia che nasce sul finir della vita: quando Emilio nella fase iniziale della malattia entra in istituto sarà Miguel a prendersi cura di lui e a evitargli, con i suoi trucchetti di finire al piano superiore, “quello degli assistiti, che non possono più badare a se stessi. Quelli che hanno perso la ragione –gli spiega Miguel –demenza senile, schizofrenia, Alzheimer. Meglio morire che finire lì sopra”. Insieme Emilio e Miguel, tenteranno anche una rocambolesca fuga verso la libertà. Accanto ai due protagonisti, l’autore delinea la vita presente e passata degli altri ospiti della residenza. Così come accade a chi soffre della malattia, infatti, nel racconto si mescolano i ricordi più remoti alla confusione della quotidianità. E così la signora Rosaria, seduta accanto alla finestra, immagine di essere sulla carrozza di un treno in partenza per Istanbul, mentre Fèlix si immagina ancora militare in servizio e Renato rivanga le sue glorie sportive. Il fumetto oltre ad aver ricevuto diversi premi (Romics d’oro 2013; Gran premio Romics 2009; Premio nazionale di Spagna 2008) è stato apprezzato dal pubblico e dagli esperti del settore. L’Associazione italiana malattia di Alzheimer lo ha adottato perché, oltre “a essere di piacevole lettura, è un libro in grado di aiutare i familiari, gli operatori professionali e i pazienti stessi a comprendere meglio la malattia”, spiega in una nota.
  • Ma ad ispirare i Fumetti possono essere anche i Pazienti stessi. E’ di queste ultime settimane, infatti, la segnalazione di come presso il Centro Disturbi Cognitivi e Demenze dell’Ospedale S. Orsola-Malpighi, alcune frasi dei Pazienti tratte dagli Archivi e dalle Cartelle Cliniche del Centro stesso siano state utilizzate per ispirare due fumettisti, Rocco Lombardi e Simone Lucciola, che le hanno trasformate in tavole illustrate (“quadri talora onirici ed altre volte realistici“), veri fumetti, successivamente appesi nel Reparto di Geriatria. Tale esperienza è stata riportata da alcuni quotidiani e, soprattutto, dalla Fondazione Leonardo, in una delle sue ultime newsletter.

[I Parte – continua…….]

 

Inserito l’11 Ottobre 2017  –  Testo by giuliani gian carlo  –  Foto by Fondazione Leonardo

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