La notizia non è certo di ieri, in quanto la conoscenza scientifica che il cinema possa essere utilizzato come uno strumento complementare negli interventi psicoterapici e di assistenza a favore di varie tipologie di Pazienti (compresi quelli Fragili) e/o di varie attività sanitarie è nota già da tempo.

Sono, infatti, numerosi i papers su tale terapia complementare presenti nella Letteratura Scientifica e la curva di distribuzione annuale di quelli meritevoli di segnalazione (sia con la ricerca <cinema therapy> che con quella <movie therapy>) presente sulla Biblioteca Virtuale pubmed presenta una curiosa rappresentazione ad U, con un calo di pubblicazioni dal 1970 a fine secolo scorso seguito da una nuova impennata fino ai giorni nostri, a conferma di un nuovo interesse sull’argomento.

Tali papers spaziano dall’utilizzo della <cinematherapy> come prevenzione delle idee suicidarie a quello educativo-formativo in ambito universitario, ad esempio per insegnare i principi delle cure palliative, ma anche nel trattamento della memoria e della demenza nonché nel trattamento non farmacologico della schizofrenia o nella preparazione di esami poco piacevoli come la colonscopia, al fine di ridurre dolore e compliance nel corso della stessa.

Negli anni l’utilizzo di filmati e/o di film veri e propri ha assunto la dignità di una vera e propria Terapia Complementare e, come tale, utile nei confronti di tutti quei sintomi farmacologicamente poco gestibili, che vanno dal dolore alla depressione, dalla Qualità di Vita alla Relazione con la propria Malattia, dalla riduzione dell’ansia al miglioramento della memoria e dell’attenzione, veri e propri punti di forza di tale Terapia.

Da alcuni anni è nata la <CineVideoTherapy> grazie a queste Strutture Sanitarie ed Assistenziali (come sarà meglio descritto nella II parte di questo post) e ricordo come nel nostro recente Corso sulla Medicina Narrativa particolare interesse abbia suscitato la Relazione delle Psicologhe dott.sse Genero e Signorino della Casa di Cura “Giovanni XXIII” di Pianezza. Ed a seguire la <videocinepettherapy>, questa in collaborazione con l’Associazione UAM.

Ma torniamo alla notizia segnalata in apertura e riportata da molti Siti web, ma che preferiamo riprendere da Quotidiano Sanità:

“Assistere a un film, pur se ricoverati in ospedale, è un’esperienza terapeutica che aiuta a ridurre la percezione del dolore, portando sollievo ai malati e alle loro famiglie. Lo confermano i primi dati del progetto di ricerca coordinato dal professor Celestino Pio Lombardi, della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli di Roma e responsabile scientifico di MediCinema. Lo studio, la cui prima fase si concluderà nel mese di marzo 2017, sta coinvolgendo 240 pazienti del Gemelli, di cui 120 sono bambini”. “Dalle prime evidenze – sottolinea il professor Lombardi – misurando una serie di parametri psicologici e psicomotori, risulta un miglioramento tra il 20 e il 30 per cento nella percezione del dolore nei pazienti che hanno fatto esperienza della ‘terapia con cinema’”. Questo studio sperimentale nasce all’interno della prima vera sala cinematografica in un ospedale italiano aperta ad aprile 2016 all’ottavo piano del Policlinico A. Gemelli grazie al sostegno di The Walt Disney Company Italia e alla generosità di migliaia di persone”.

Ed ancora: “La cinematherapy, ormai da tempo nota e praticata, indica come la visione di film crei sotto il profilo psicologico un “effetto pausa” per i malati, determinando uno stato di benessere riscontrabile a livello neurologico. Le neuroscienze hanno ulteriormente validato questa tesi (neurocinematics) arrivando a misurare gli effetti fisici durante la visione di immagini in movimento e rilevando miglioramenti”.

 

Key words: Terapie Non Farmacologiche   –   CineVideoTherapy

Inserito il 12 Gennaio 2017   –   Testo by giuliani gian carlo (con citazioni da Quotidiano Sanità)   –   Foto by  wikipedia (foto di dominio pubblico)