In un’epoca di grandi cambiamenti culturali (soprattutto nell’ambito della comunicazione) come quella in cui viviamo oggi, così ricca di informazioni (vere o false che siano) e di novità tecnologiche e mediatiche un tempo inimmaginabili, non dovremmo più stupirci nel sapere come ora sia, forse, più facile diagnosticare un nostro quadro depressivo sulla base di quanto mettiamo in rete piuttosto che con una approfondita visita medica.

Da tempo sappiamo come l’avvento dei social media rappresenti una promettente nuova opportunità per la diagnosi precoce e l’intervento nei disturbi psichici. I metodi di screening predittivo hanno analizzato con successo i media online (soprattutto Facebook) per individuare tutta una serie di pericolose condizioni di salute dannose, dall’alcoolismo alla depressione post-partum, dalla depressione dell’umore allo stress post-traumatico, fino al rischio suicidario.  Tutti questi studi si sono basati soprattutto sull’analisi del testo scritto dai singoli Utenti, ma nessuno aveva ancora sfruttato la ricchezza di dati psicologici codificati nei media sociali visivi, come le fotografie inviate a Instagram .

A tale carenza sopperisce ora una recente pubblicazione sulla Rivista EPJ Data Science, nella quale vengono descritti i risultati di una nuova metodologia per l’analisi di dati fotografici da Instagram, correlati ad una eventuale predittività per la depressione psichica.

Un discreto campione di Pazienti Depressi e di Pazienti non-Depressi, tutti che condividevano la propria storia e quotidianità su Instagram, sono stati, infatti, sottoposti ad una ricca testistica clinica utilizzata per evidenziare un quadro depressivo. Al termine dell’indagine circa 44.000  erano le foto raccolte, appartenenti a 166 Utenti di Instagram, di cui 71 avevano una storia clinica di depressione. E’ stato successivamente utilizzato un insieme di algoritmi elaboratori di immagini e di altri dati scientifici, questo al fine di estrarre utili indicazioni psicologiche da tali dati fotografici.

I dati raccolti dimostrano che i soggetti depressi hanno maggiori probabilità rispetto a quelli sani di postare foto blu, scure e grigie, e di impiegare filtri per rendere le foto in bianco e nero. Per quanto inoltre i soggetti depressi abbiano maggiori probabilità di postare foto che ritraggono volti, esse tipicamente ritraggono meno volti per ciascuna foto rispetto a quello postate dai soggetti sani.

 

Queste le conclusioni degli Autori, sulla base dei risultati ottenuti:

  • questo studio ha permesso di confermare come i tratti depressivi siano osservabili nel comportamento “social” su Instagram
  • tali “segni clinici” siano evidenziabili anche prima della diagnosi clinica
  • gli strumenti usati siano stati in gradi di distinguere i soggetti sani da quelli depressi
  • altre analisi (ad esempio dei post, dei commenti ed altro) potrebbero ulteriormente aiutare nella diagnosi
  • l’accuratezza nella diagnosi è risultata migliore utilizzando gli strumenti “sociali” rispetto alla diagnosi medica

I potenziali utilizzo di tali algoritmi risultano intuitivamente molteplici, potendo, ad esempio, avvertire un medico di ricercare con attenzione i segni della depressione emergente in un determinato soggetto.

 

Inserito il 22 Settembre 2017  –  Testo by giuliani gian carlo  –  Foto by instagramis

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