Negli ultimi giorni ha stimolato molto interesse e curiosità la Storia di Angus, il cane da caccia di razza Springer Spaniel Inglese da mesi utilizzato per scovare nelle camere di degenza dell’Ospedale di Vancouver, in Canada, tracce del Superbatterio Clostridium Difficile. Non si tratta, ovviamente, di una bufala, bensì di una notizia vera che, inizialmente pubblicata sul quotidiano londinese di tendenze liberali The Guardian, è stata successivamente arruolata da alcune delle principali Riviste di Scienze per poi diffondersi in Rete, anche in video. La storia, iniziata prima della nascita di Angus, in breve è questa: quando a Teresa Zurberg, addestratrice di cani di Vancouver e padrona di Angus, fu diagnosticata un’infezione da Clostridium difficile, che la relegò in ospedale per giorni e le fece perdere quasi dieci chili di peso, suo marito Markus, infermiere specializzato, cercando informazioni in rete si imbatté in un articolo che raccontava la storia di un beagle olandese addestrato a riconoscere, per l’appunto, le infezioni da Clostridium difficile. La coppia, a questo punto, propose al Vancouver Coastal Health, l’ente che sovraintende alle strutture sanitarie della città, di ripetere negli anni l’addestramento utilizzando proprio Angus, addestramento che durò poco meno di un anno.
Ne abbiamo già parlato in un post di oltre un anno fa. Si tratta, infatti, di uno dei più recenti Progetti coinvolgenti l’interazione tra l’uomo e gli animali domestici: quello dell’utilizzo dei cosiddetti “cani molecolari o investigatori” (termini entrambi più popolari che scientifici) è sicuramente quello più rivoluzionario, sfruttando le proprietà olfattorie dei cani nel riconoscere, rintracciare e monitorare non solo persone ma anche malattie umane. In particolare i cani, spiccatamente predisposti a tali attività, vengono addestrati a “fiutare” ed a riconoscere successivamente odori appartenenti a persone scomparse, esplosivi, droghe ma anche a persone ammalate. La capacità di “fiutare” e “prevedere” la presenza di neoplasie (tipo quelle vescicali, prostatiche e colonrettali) nonché quella di riconoscere gli episodi di ipoglicemia sono certamente le situazioni dove l’intervento dell’olfatto canino può risultare particolarmente utile per la salute umana.
Interessati dalla notizia abbiamo fatto una ricerca sulle Riviste Scientifiche ed abbiamo scovato la pubblicazione che probabilmente ispirò tale coppia canadese, edita sul numero di dicembre 2012 del BMJ (British Medical Journal), una delle riviste mediche più prestigiose. In tale paper vengono descritti i risultati ottenuti da Cliff, un beagle di 2 anni che, una volta addestrato, è stato testato su 300 Pazienti, riuscendo ad ottenere una performance del 100%. Il riconoscimento da parte di Cliff coincideva con l’assunzione da parte dello stesso di una postura seduta o sdraiata.
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Inserito il 19 Gennaio 2017 – Testo by giuliani gian carlo – Foto by Britisch Medical Journal